Con l’indagine Tech4life abbiamo fatto il punto sulla consapevolezza degli italiani sul valore delle tecnologie e sulle nuove frontiere della salute 4.0.
Maschio, 18-34 anni, del sud o delle isole, si percepisce in salute e rinuncia alle cure per ragioni economiche.
L’internauta della salute è chi almeno 1 volta ha consultato il web per motivi di salute. Quattro giovani, 18-34enni, su cinque (76,0%) hanno navigato in rete per un parere o un approfondimento e tale pratica cala drasticamente al crescere dell’età fino a raggiungere al 38,4% fra gli over 55. Internet è fruito maggiormente da chi è deprivato economicamente e ha dovuto rinunciare a fare esami per scarsità di risorse (71,8%), in particolare da chi risiede nel Mezzogiorno (61,6%).
La diffusione del web spinge quote crescenti di popolazione a rivolgersi alla rete per verificare il significato di sintomi o malattie, prim’ancora che al proprio medico.
Attraverso blog e siti le persone ritengono di trovare più agilmente risposte, confrontano terapie, fino ad arrivare all’autocura, oltre che ordinare medicinali. Una prassi diffusa. Mediamente, una quota oscillante fra il 15 e il 17% fruisce della rete in modo assiduo per fare un’autodiagnosi, approfondire nozioni su cure e terapie, piuttosto che conoscere le tecnologie e i dispositivi.
Una conoscenza maggiormente diffusa e la possibilità di approfondire sul web, spingono la popolazione a verificare autonomamente le proprie condizioni di salute, aumentando una domanda di diagnostica.
Gli italiani fanno passi avanti sulla prevenzione. In generale, l’attenzione alla cura e alla prevenzione sembra un patrimonio diffuso (62,6%). In quest’insieme ritroviamo più spesso la componente femminile (65,9%), le fasce di età centrali (66,4%, 35-54 anni), gli abitanti del Centro (67,2%) e quanti accedono a internet per conoscere aspetti legati alla salute (68,6%).
Quanto gli italiani sono disposti a conoscere il futuro della propria salute? Sono ancora culturalmente indecisi sulla medicina predittiva, solo i giovani sono fra i più favorevoli.
I “disponibili” (48,5%) verso la medicina predittiva sono soprattutto le generazioni più giovani (55,0%, 18-34enni), chi accede a internet per consultare questioni legate alla salute (55,9%) e quanti si dimostrano attivi nel realizzare autonomamente test ed esami clinici (53,3%). Inoltre, chi ha un’autopercezione più negativa della propria salute (54,5%) e chi risiede nel Mezzogiorno (52,3%) appare più incline a una simile attività.
Gli italiani non sono culturalmente pronti alla condivisone dei dati sulla propria salute. Il 59,4% degli intervistati è contrario.
Solo il 40,6% accetterebbe di condividere i propri dati con diverse ragioni: utilità alla ricerca (31,4%), risparmio sulla spesa (5,7%) e la personalizzazione di un device (3,5%). I “contrari” (59,4%) corrispondono ai più adulti (66,9%, over 55), a chi vive nel Nord Est (67,1%), a chi ritiene di non godere di buona salute (66,7%) e non fruisce del web sui temi di salute (68,0%) e soprattutto, è contrario alla medicina predittiva (72,0%).
L’uso della mobile health è ancora limitato, solo il 7,6% usa app mediche per monitorare il proprio stato di salute o per curarsi e il 2% non le usa personalmente, ma conosce qualcuno che le fa.
Il dispositivo più usato è lo smartphone (14,3%) presumibilmente per il suo impiego quotidiano nel comunicare oltre che per monitorare i propri livelli di attività fisica e in generale di salute. Sono prodotti spesso associati al monitoraggio della pratica sportiva, ad eccezione dei sensori salvavita, vengono quindi usati con maggiore frequenza da coloro che svolgono attività fisica regolare (19,3%).
La conoscenza della personalizzazione dei dispositivi medici aumenta con il crescere degli anni, passando dal 56,2% dei giovani al 61,2% degli over 55.
Soprattutto, c’è uno spazio di informazione da colmare nei confronti delle giovani generazioni e verso chi ha minori possibilità economiche. Mentre c’è una solida consapevolezza della capacità dei dispositivi medici di migliorare la qualità della vita quotidiana delle persone, visto che praticamente è il 70% degli intervistati a riconoscerlo.